La Storia conferma la visione profetica

Nello studio delle visioni, è necessario capire che senza un solido ancoraggio alla Bibbia, senza una consapevolezza rigorosa dei fatti storici e senza la conoscenza e la comprensione dei motivi che li hanno determinati, non è possibile maturare una comprensione costruttiva della profezia.

In questa sezione trovi il contributo dell'evidenza storica che conferma la visione profetica.

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In un passo incluso nella Legge Canonica Cattolica Romana, o Corpus Juris Canonici, papa Innocenze III dichiara che il pontefice romano è il « vicegerente sulla terra non di un semplice uomo, ma del vero Dio». In una nota su questo brano è spiegato che ciò è dovuto al fatto che egli è il vicegerente di Cristo, che è « vero Dio e vero uomo ». Vedi Decretales Domini Gregarii Papae IX («Decretali del Signore Papa Gregorio IX»), libro 1, de traslatione Episcoporum (« sulla traslazione dei vescovi ») titolo 7, cap. 3; Corpus Juris Canonici (2" edizione, Lipsia, 1881), col. 99; (Parigi 1612), tomo 2, Decretales, col. 205. I documenti che formano le decretali furono raccolti da Graziano, che insegnava all'università di Bologna intorno al 1140. La sua opera fu aggiunta a un'edizione nuovamente pubblicata da papa Gregorio IX nel 1234. Altri documenti apparvero in anni successivi, di quando in quando, comprese le Extravagantes, aggiunte verso la fine del XV secolo. Tutto ciò, con il Decretum di Graziano, venne pubblicato come Corpus Juris Canonici, nel 1582. Papa Pio X autorizzò la codificazione nella legge canonica nel 1904, e il codice che ne risultò divenne effettivo nel 1918. . Circa il titolo « Signore Dio il Papa » vedere una nota in Extravagantes di papa Giovanni XXII, tit. 14, cap. 4, Declaramus. In un'edizione di Anversa sulle Extravagantes, datata 1584, le parole Dominum Deum Nostrum Papam (« Nostro Signore Dio il papa ») si trova nella col. 153. In una edizione di Parigi nel 1612 si trovano nella col. 140. In varie edizioni pubblicate fino al 1612 la parola Deum (« Dio ») è stata omessa.

INFALLIBILITÀ — Sulla dottrina dell'infallibilità proclamata al Concilio Vaticano del 1870-71, vedere Philip Schaff, The Creeds of Christendom, voi. 2; Dogmatic Decrees of thè Vatican Council, pp. 234-271, dove sono dati sia il testo latino sia quello inglese. Per la discussione vedere, circa il punto di vista cattolico romano, The Catholic Encyclopedia voi. 7, art. « Infallibility », di P. J. Toner, p. 790 ff.; James Card. Gibbons in The Faith oj Our Fathers (Bal-timora, J. Murphy comp. 110" ediz., 1917), cap. 7,11. Per l'opposizione cattolico romana alla dottrina della infallibilità papale, vedere J. J. Ignaz von Dòllinger (pseudonimo « Janus »), The Pope and thè Council (New York, Ch. Scribner's Sons 1869); e W. J. Sparrow Simpson, Roman Catholic Opposition to Papal Infallibility (Londra, J. Murray, 1909). Per il punto di vista non cattolico romano, vedere G. Salmon in Infallibility of thè Church (Londra J. Murray, ed. riv. 1914).

CULTO DELLE IMMAGINI — « II culto delle immagini... fu una di quelle forme di corruzione del Cristianesimo che si insinuò furtivamente nella chiesa, in modo quasi del tutto inavvertito. Questa corruzione, a differenza di altre eresie, non si manifestò all'improvviso, poiché in tal caso avrebbe incontrato una decisa opposizione. Cominciò sotto un aspetto quasi legittimo e con esso, pratica dopo pratica, penetrò nella chiesa e vi prese salda radice. Così l'idolatria pratica non solo non incontrò nessuna efficace opposizione, ma non subì neppure decisi rimproveri. Quando, poi, ci si decise a sradicarla, il male era troppo profondamente penetrato perché lo si potesse eliminare... Ciò va attribuito alla tendenza idolatrica del cuore umano e alla sua inclinazione a servire più la creatura del Creatore. « All'inizio, quadri e immagini furono introdotti nelle chiese non per essere oggetto di culto, ma sia al posto dei libri che impartivano istruzioni per chi non sapeva leggere, sia per alimentare la devozione nella mente di altri. Fino a che punto essi abbiano risposto allo scopo è cosa piuttosto dubbia; ma, anche ammettendo che questo fosse il caso per un certo tempo, si finì poi col costatare che le immagini e i quadri, lungi dall'illuminare le menti degli ignoranti, provocavano le tenebre nella chiesa. Essi degradavano anziché elevare la devozione degli adoratori. Per cui, sebbene fossero intesi a far rivolgere le menti a Dio, finirono col distoglierle da lui e ad avviarle verso il culto delle cose create ». J. Mendham, The Seventh General Council, thè Second of Nicaea, intr, pp. iii-vi. Per la storia dello svolgimento e delle decisioni del secondo Concilio di Ni-cea del 787 d. C., chiamato a stabilire il culto delle immagini, vedere Baronie, Ecclesiastical Annals, voi. 9, pp. 391-407 (Anversa 1612); J. Mendham, The Seventh General Council, The Second of Nicaea; Ed. Stillingfleet, Defense of thè Discourse concerning thè Idolatry Practiced in thè Church of Rome (Londra 1686); A Select Library of Nicene and Post-Nicene Fathers, 2' serie, voi. 14, pp..521-587 (New York 1900); Ch. J. Hefele, A History of thè Councils of thè Church, From thè Originai Documents, voi. 18, cap. 1, sez. 332,333; cap. 2, sez. 345-352 (T. e T. Clark ed. 1896) voi. 5, pp. 260-304,342-372.

LA LEGGE DI COSTANTINO SULLA DOMENICA — La legge emanata dall'imperatore Costantino il 7 marzo del 321 d. C., relativa a un giorno di riposo dal lavoro, è la seguente: « Tutti i giudici, i cittadini e gli artigiani si riposino nel venerabile giorno del sole. Coloro che abitano in campagna possono occuparsi liberamente della cura dei campi, poiché spesso nessun altro giorno risulta così adatto per la semina o per la cura delle viti. Non si deve, perciò, trascurare il tempo favorevole e frustrare le benevoli intenzioni del cielo ». J. C. Ayer, A Source Book far Ancient Church History (New York, Ch. Scribner's Sons 1913) div. 2, par. 1, cap. 1, sez. 59, pp. 284,285. L'originale latino è nel Codex lustiniani (Codice di Giustiniano) libro 3, tit. 12, legge 3. La legge è riportata in latino e nella traduzione inglese in History of thè Christian Church di Ph. Schaff, voi. 3, per. 3, cap. 7, sez. 75, p. 380, nota 1; e in Bampton Lectures, Sunday di J. A. Hessey lett. 3, par. 1, 3" ediz. Murray's Print. 1866, pag. 58. Vedere la discussione in Schaff, come sopra riferito; in A. E. Newman, A Manual of Church History (Filadelfia, American Baptist Public. Society, 1933), ed. riv., voi. 1, pp. 305-307; e in LeRoy E. Froom The Prophetic Faith of Our Fathers (Washington, Rev. and Her. Publish. Assn, 1950), voi. 1, p. 376-381. Nota 5. (p. 54).

Un principio importante nell'interpretazione profetica per quel che riguarda le profezie cronologiche è quello del giorno-anno, secondo cui un giorno del tempo profetico corrisponde a un anno del tempo storico, secondo il calendario. Prima che gli israeliti entrassero nel paese di Canaan, mandarono dodici spie a esplorare il paese. Le spie rimasero assenti quaranta giorni, e al loro ritorno gli ebrei, spaventati dal loro rapporto, rifiutarono di penetrare nella terra promessa e di occuparla. Il risultato fu la sentenza del Signore: « Come avete messo quaranta giorni a esplorare il paese, porterete la pena delle vostre iniquità quarant'anni; un anno per ogni giorno » Numeri 14: 34. Un analogo metodo di calcolo è indicato per mezzo del profeta Ezechiele: « Ti sdraierai di nuovo sul tuo lato destro, e porterai l'iniquità della casa di Giuda per quaranta giorni: t'impongo un giorno per ogni anno » Ezechiele 4: 6. Questo principio di un giorno per un anno trova un'importante applicazione nell'interpretazione dell'elemento tempo della profezia: « Duemila trecento sere e mattine » (Daniele 8: 14); nel periodo dei milleduecentosessanta giorni indicato anche come « un tempo, dei tempi, e la metà d'un tempo » (Daniele 7: 25); « quarantadue mesi» Apocalisse 11: 2; 13: 5, «milleduecentosessanta giorni» A-pocalisse 11: 3, e i «tre giorni e mezzo» di Apocalisse 11: 9. . Secondo il computo giudaico, il 5° mese del 7° anno del regno di Artaserse, andava dal 23 luglio al 21 agosto del 457 a. C. Il decreto reale entrò in vigore nell'autunno di quell'anno, dopo l'arrivo di Esdra a Gerusalemme. Per la certezza della data 457 a. C. corrispondente al settimo anno di Artaserse, vedere S. H. Horn e L. H. Wood, The Chronology of Ezra 7 (Washington, D. C.: Review and Herald Publishing Assn., 1953), E. G. Kraeling, The Brooklyn Musewn Aramaic Papyri (New Haven, or Londra, 1953), pp. 191-193; The Seventh-Day Adventist Bible Commentary (Washington, D. C., .Review and Herald Publishing Assn., 1954) voi. 3, pp. 97-110

Fra i documenti attualmente considerati falsi, occupano un posto preminente la « Donazione di Costantino e le "Decretali" pseudo isidoriane ». « La "Donazione" di Costantino,. è il nome tradizionalmente dato, a partire dal tardo Medioevo, a un documento che si dice sia stato dato da Costantino il Grande a Papa Silvestre I, e che si incontra per la prima volta in un manoscritto parigino (Codex lat. 2777), probabilmente del IX secolo. Dopo l'XI secolo esso è stato usato come potente argomento in favore delle pretese papali; ma a partire dal XII secolo è stato motivo di accesa controversia. Allo stesso tempo, nel consentire di considerare il papa come collegamento fra l'impero romano originale e quello del Medioevo, stabilendo così una base teorica di continuità della legge romana nel Medioevo, esso ha avuto un influsso non trascurabile sulla storia ecclesiastica » The New Schaff-Herzog Encyclopedia of Religious Knowledge, voi. 3, art. « Donazione di Costantino » pp. 484, 485. La teoria storica sviluppata nella « Donazione » è ampiamente discussa in The Temporal Power of thè Vicar of Jesus Christ di H. E. Cardinale Manning, Londra 1862. Gli argomenti della « Donazione » erano di tipo scolastico, e la possibilità di una falsificazione fu menzionata solo col sorgere della critica storica del XV secolo. Nicola di Cusa fu tra i primi e concludere che Costantino non aveva mai fatto una simile donazione. Lorenzo Valla, in Italia, nel 1450 fornì una brillante dimostrazione della sua falsità (Vedere Treatise of Lorenzo Valla on thè Dona-tion of Constantine di C. B. Coleman, New York, 1927). Ancora per un secolo, però, la credenza nell'autenticità della « Donazione » e delle « False Decretali » si mantenne viva. Per esempio Martin Luterò dapprima accettò le decretali, ma poi disse a Eck: « Io impugno queste decretali ». A Spalatino dichiarò: « Egli [il papa] nelle sue decretali corrompe e crocifìgge Cristo ». Sembra stabilito che la « Donazione » è: (1.) una falsificazione, (2.) opera di uomo o di un periodo, (3.) il falsificatore si è servito di documenti anteriori, (4.) la falsificazione risale a un'epoca che si aggira fra il 752 e il 778. Per quanto riguarda i cattolici, essi abbandonarono la difesa dell'autenticità del documento con Baronie, Ecdesiastical Annals nel 1592. Consultare per il testo migliore Festgabe fur Rudolf von Gneist, di Zeumer (Berlino, 1888), tradotto in Treatise da Coleman, che si richiama al precedente; e Select Historical Documents of thè Middle Ages di E. F. Henderson (New York, 1892), pag. 319; Briefwechsel (Weimar ed.) pp. 141, 161. Vedere anche The New Schaff-Herzog Encyclopedia o} Religious Knowledge (1950), voi. 3, pag. 484; Rome in thè Middle Ages di F. Gregorovius, voi. 2, pag. 329; Fables Respecting thè Popes of thè Middle Ages, di J. J. Ignaz von Dòllinger, (Londra 1871). I « falsi scritti » citati nel testo includono anche le « Decretali pseudo Isidoriane » e altre falsificazioni. Le « Decretali pseudo isidoriane » sono lettere fittizie attribuite ai primi papi: da Clemente (100 d. C.) a Gregorio il Grande (600 d. C.) incorporate in una raccolta del IX secolo attribuita a « Isidoro Mercator ». Il nome « pseudo isidoriane » è entrato nell'uso corrente a partire dall'avvento della critica del XV secolo. Lo pseudo Isidoro prese come base della sua falsificazione una raccolta di canoni validi chiamati Hispana Gallica Augustodunensis, riducendo così il pericolo di essere scoperto, in quanto una collezione di canoni comunemente veniva fatta aggiungendo nuovo materiale al vecchio. In tal modo le sue falsificazioni erano meno riconoscibili se incorporate nel materiale autentico. La falsità delle « Decretali pseudo isidoriane » è oggi incontestabilmente ammessa. Essa è dimostrata dall'evidenza interna, dall'esame delle fonti, dai metodi usati, dal fatto che il materiale era ignoto prima dell'852. Gli storici concordano nel ritenere l'850-851 come data probabile del completamento della raccolta, poiché il documento è citato per la prima volta nell'857 in Admonitio del capitolare di Quiercy. Non si conosce l'autore di queste falsificazioni. Probabilmente esse provennero dal partito aggressivo della nuova chiesa formatasi nel IX secolo a Rheims, in Francia. Si è concordi nel ritenere che il vescovo Hincmar di Rheims se ne servì nella sua deposizione di Rothad di Soissons, che portò le « Decretali » a Roma, nell'861, e le presentò a Papa Nicola I. Fra quanti negarono l'autenticità delle « Decretali », vanno ricordati: Nicola di Cusa (1401-1464), Ch. Dumoulin (1500-1566), G. Cassender (1513-1564). La prova irrefutabile della loro falsità fu data da Davide Blondel nel 1628. Una prima edizione si ha in Migne Patrolgia Latina, CXXX. Per quel che riguarda il manoscritto migliore e più antico vedere Decretales Pseudo-Isidorianae at capitala Angilramni di P. Hinschius (Lipsia 1863). Consultare The New Schaff-Herzog Encyclopedia of Religious Knowledge (1950), voi. 9, pp. 343-345. Vedere H. H. Milman, Latiti Christianity (9 volumi) voi. 3; J. J. Ignaz von Dòllinger, The Pope and thè Council (1869); e K. Scott Latourette, A History of thè Expan-sion of Christianity (1939), voi. 3; The Catholic Encyclopedia, voi. 5, art. « False Decretali » e Fournier, « Etudes sure les Fausses Decretals » in Revue d'Histo-rique Ecclesiastique (Lovanio 1906), voi. 7,8.

DETTAMI (in latino « Dictatus ») DI ILDEBRANDO (Gregorio VII) — Per la versione originale latina vedere Baronie, Annales Ecclesiastici, anno 1706, voi. 17, pp. 405,406, stampato a Parigi nel 1869; e Monumenta Germania e Misterica Selecta voi. 3, pag. 17. Per una traduzione in inglese vedere F. A. Ogg, Source Book of Medieval History (New York, American Book co. 1907), cap. 16, sez. 45, pp. 262-264; e Oliver J. Tratcher e E. H. McNeal, Source Book for Medieval History (New York, Ch. Scribner's Sons 1905), sez. 3, it. 65, pp. 136-139. Per una discussione dell'ambiente del Dictatus, vedere The Holy Roman Empire, di J. Bryce, ediz. riv., cap. 10; e J. W. Thompson e E. N. Johnson, An Introduction io Medieval Europe, 300-1500, pp. 377-380.

II dottore Giuseppe Faa di Bruno, così definisce il purgatorio: « II purgatorio è uno stato di sofferenza dopo questa vita, nel quale sono trattenute per un tempo determinato quelle anime che hanno lasciato la vita dopo che sono stati rimessi i loro peccati mortali per quel che riguarda la macchia e la colpa, come pure la pena eterna dovuta per essi; ma che, a causa di questi peccati, hanno ancora da pagare certi debiti della punizione temporale; come anche quelle anime che lasciano questo mondo, colpevoli di peccati veniali » Catholic Belief (Ediz. 1884, imprimatur arcivescovo di New York), p. 196. Vedere anche Compendium of thè History of Doctrines di K. R. Hagenbach (T. e T. Clark edit.) voi. 1, pp. 234-237,405,408; voi. 2, pp. 135-150,308,309; Delineation of Roman Catholicism di Ch. Elliot, libro 2, cap. 12; The Catholic Encyclopedia art. « Purgatorio » (libro 12).

Per una storia particolareggiata della dottrina delle indulgenze vedere A History of thè Papacy from thè Great Schism to thè Sack of Rome di M. Creighton (Londra: Longmans, Green e Co. 1911), voi. 5, pp. 56-64,71; W. H. Kent, « Indulgences », The Catholic Encyclopedia, voi. 7, pp. 783-789; H. C. Lea, A History of Auricular Confession and Indulgences in thè Latin Church (Filadelfia: Lea Brothers e Co. 1896); Th. M. Lindsay, A History of thè Reformation (New York, Ch. Scribner's Sons, 1917), voi. 1, pp. 216-227; A. H. Newman, A Manual of Church History (Filadelfia, The American Baptist Publication Soc., 1953), voi. 2, pp. 53,54,62; L. Ranke, History of thè Reformation in Germany (Ed. Londra, 1845), tradotto da S. Austin, voi. 1, pp. 331, 335-337,343-346; Preserved Smith The Age of thè Reformation (New York: H. Holt and Co. 1920) pp. 23-25,66. Circa le conseguenze pratiche della dottrina delle indulgenze durante il periodo della Riforma, vedere un foglio di H. C. Lea intitolato « Indulgences in Spain » pubblicato in Papers of thè American Soc. of Church History voi. 1, pp. 129-171. Riguardo poi all'aspetto storico, il dottor Lea dice nel paragrafo introduttivo del suo scritto: « Non disturbata dall'accesa polemica in atto fra Lutero e il dott. Eck e Silvester Prierias, la Spagna continuò imperturbabile a calcare il vecchio sentiero e ci fornisce i documenti ufficiali incontestabili che ci permettono di esaminare l'argomento alla pura luce della storia ».

LA MESSA — Per la dottrina della messa, come venne stabilita dal Concilio di Trento, vedere The Canons and Decrees of thè Council of Trent di Ph. Schaff in Creeds of Christendom, voi. 2, pp. 126-139, dove sono dati sia il testo latino che la versione in lingua inglese. Vedere anche Canons and Decrees of thè Council of Trent di H. G. Schroeder (St. Louis, Missouri, B. Herder, 1941). Per una discussione sulla Messa, vedere The Catholic Encyclopedia, voi. 5, art. « Eucarestia », di J. Pohle, pag. 572; Holy Sacrifice of thè Mass Dogtnatically, Liturgically, Ascetically Explained di N. Gihr, 12" ediz. (St. Louis, Missouri: B. Herder, 1937); The Mass of thè Roman Rite, Its origins and Development di ]. A. Jungmann, tradotto dal tedesco da F. A. Brunner (New York, Benziger Bros. 1951). Per il punto di vista non cattolico, vedere G. Calvino Istituzione della Religione Cristiana, voi. 4, cap. 17,18; The Doctrine of thè Real Presence di E. B. Pusey (Oxford, J. H. Parker, 1855).

Sulle recenti scoperte di manoscritti valdesi, vedere M. Esposito, « Sur quelques manuscrits de l'Ancienne Litterature des Vaudois du Piémont » in Revue d'Historique Ecclesiastique (Lo-vanio 1951), p. 130; « Die Waldenserbibeln » in Historisches Jahrbuch, 1894; D. Lortsch, Histoire de la Bible en France (Parigi 1910) p. 10. Un'opera classica, di uno dei « barba » valdesi, è Histoire generale des Eglises Evangéliques des Vallées du Piémont di J. Leger (Leida, 1669), scritta all'epoca delle grandi persecuzioni e che contiene delle informazioni di prima mano, accompagnate da disegni. Per la letteratura dei testi valdesi, vedere A. De Stefano, Civiltà medioevale (1944). Riformatori ed eretici del Medioevo (Palermo, 1938); J. D. Bounous, The Waldensian Patois of Pramol (Nashville, 1936); A. Dondaine, Archivum Fratrum Praedicatorum (1946). Per la storia dei valdesi, alcune delle opere più recenti e raccomandabili sono: Storia dei valdesi in Italia di E. Comba (Torre Pellice, 1934); Mistics and Heretics di E. Gebhart (Boston, 1927). // valdismo medioevale, Prolegomeni di G. Gonnet (Torre Pellice, 1935); Jalla, Histoire des Vaudois et leurs colonies (Torre Pellice, 1935).

Alcuni scrittori hanno affermato che i valdesi, come regola generale, osservavano il settimo giorno, il sabato. Tale concetto deriva da alcune fonti che, nell'originale latino, descrivevano i valdesi come osservatori del dies dominicalis, o giorno del Signore (domenica), nelle quali, però, per un'abitudine che risale al tempo della Riforma, la parola « domenica » fu tradotta « sabato ». Ad ogni modo esiste la prova storica di una certa osservanza del sabato fra i valdesi. In un rapporto dell'inquisizione dinanzi alla quale furono portati alcuni valdesi della Moravia, verso la metà del XV secolo, si dice che fra i valdesi « non pochi celebrano il sabato con i giudei » J. J. Ignaz von Dollinger in Beitrage zur Sektengeschichte des Mittelalters (« Rapporti sulla storia delle sette del medioevo »), Monaco 1890, 2° par., p. 661; non vi sono dubbi: questa fonte indica l'osservanza del settimo giorno, o sabato.

Una considerevole parte del testo della bolla papale contro i valdesi, di papa Innocenze Vili nel 1487 (il cui originale si trova nella biblioteca dell'università di Cambridge), è dato in traduzione inglese da John Dowling in History of Romanism (ed. 1871) voi. 6, cap. 5, sez. 62.

Lo storico scopre che questo nome ha varie forme ortografiche. Per la piena discussione di questo vedere J. Dahmus, in The Prosecutori of J. Wyclyf (New Haven, Vale University Press, 1952), p. 7. Per il testo originale delle bolle papali contro Wycliff, con traduzione in inglese, vedere J. Dahmus in The Prosecution of J. Wyclyf (ibidem), pp. 35-49; J. Foxe in Acts and Monuments of thè Church (Londra: Pratt Townsend, 1870), voi. 3, pp. 4-13. Per un sommario di queste bolle mandate all'arcivescovo di Canterbury, al re Edoardo e al cancelliere dell'università di Oxford, vedere Merle D'Aubigné in The History of thè Reformation in thè Sixteenth Century (Londra: Blackie and Son, 1885), voi. 4, div. 7, p. 93; A. Neander in General History of thè Chrìstian Church (Boston: Crocker and Brester, 1862), voi. 5, pp. 146,147; G. Sargeant, History of thè Chrìstian Church (Dallas: Frederick Publishing House, 1948), p. 323; G. V. Lechler in /. Wycliff and His English Precursors (Londra: The Religius Traci Society, 1878), pp. 162-164; Ph. Schaff in History of thè Chrìstian Church (New York: Ch. Scribner's Sons, 1915), voi. 5, parte 2, p. 317.

Una fonte fondamentale sul Concilio di Costanza è Das Concilium so zu Constanz gehalten ist worden di R. Ulrich (Augusta, 1483, incun.). Un recente e interessante studio di questo testo basato su « Aulendorf Codex », è la Collezione Spencer presso la Biblioteca Pubblica di New York, pubblicata da Karl Kup, Ulrich von Richental's Chronicle of thè Council of Constance (New York, 1936). Vedere anche H. Finke (ed.), Acta Concilii Constanciensis (1896), voi. !;• Hefele, Conciliengeschichte (9 volumi), voi. 6,7; L. Mirbt, Quellen zur Geschichte des Papsttums (1934); Milman, Latin Christianity, voi. 7, pp. 426-524; Pastor, The History of thè Popes, (34 voi.), voi. 1, p. 194. Altre più recenti pubblicazioni sul concilio sono: K. Zàhringer, Das Kardinal Kollegium auf dem Konstanzer Konzil (Miinster, 1935); Th. F. Grogau, The Conciliar Theory as It Manifested Itself at thè Council of Constance (Washington, 1949); F. A. Kremple, Cultural Aspects of thè Council of Constance and Basel (Ann Arbor, 1955); J. P. McGowan, d'Ailly and thè Council of Constance (Washington, Cath. Univ. 1936). Per G. Huss vedere Letters dì G. Hus, 1904; Pope John XXIII, and Master John Hus di E. J. Kitts (Londra, 1910); John Hus (1915) di D. S. Schaff; John Hus (1915) di Schwarze; John Hus and thè Czech Reform (1941) di M. Spinka.

Per una esposizione sull'origine, i princìpi e gli scopi della « Compagnia di Gesù », sottolineati dai membri di questo Ordine, vedere Concerning Jesuits edito da John Gerard, S. J., pubblicato a Londra nel 1902 dalla Società della Verità Cattolica. In questo libro è detto: « La molla principale dell'intera organizzazione della Compagnia è uno spirito di totale ubbidienza. Scrive S. Ignazio (di Loyola): "Ognuno si deve convincere che coloro che vivono nell'ubbidienza debbono lasciarsi guidare e dirigere dalla divina Provvidenza attraverso i loro superiori, come se fossero un corpo morto che si lascia trasportare dovunque e trattare in qualsiasi maniera, o come il bastone di un vecchio che serve a colui che lo tiene in mano in qualunque modo questo desideri utilizzarlo". « Questa assoluta sottomissione è nobilitata dai suoi motivi e dev'essere — prosegue il fondatore— "pronta, lieta e costante;... il religioso ubbidiente esegue con gioia quello che i suoi superiori gli hanno ordinato per il bene generale, sicuro che così facendo ottempera realmente alla volontà divina" » Concerning Jesuits della contessa R. de Courson, p. 6. Vedere anche L. E. Dupin, A Compendious History of thè Church, sec. XVI, cap. 33 (Londra, 1713, voi. 4, pp. 132-135); Mosheim, Ecclesiastical History, sec. XVI, sez. 3, parte 1, cap. 1, par. 10 (incluse note); The Encyclopedia Britannica (9" ediz.) art. « Jesuits »; C. Paroissen, The Principles of thè Jesuits, Developed in a Collection of Extracts From Their Own Authors (Londra, 1860; una precedente edizione apparve nel 1839); W. C. Cartwright, The Jesuits, Their Con-stituticn and Teaching (Londra, 1876); E. L. Taunton, The History of thè Jesuits in England 1580-1773 (Londra, 1901). Vedere anche: H. Boehmer, The Jesuits (traduzione dal tedesco, Filadelfia, Castle Press, 1928); E. Goethein, Ignatius Loyola and thè Gegenreformation (Halle, 1895); T. Campbell, The Jesuits 1534-1921 (New York, 1922); E. L. Taunton, The History of thè Jesuits in England, 1580-1773 (Londra, 1901).

Per il punto di vista cattolico romano, vedere The Catholic Encyclopedia, voi. 8, art. « Inquisition » di J. Blotzer, p. 26; E. Vacandard, The Inquisition: A Criticai and Historical Study of thè Coercive Power of thè Church (New York: Longmans and Co., 1908). Per un punto di vista anglo-cattolico, vedere: Hoffman Nickerson, The Inquisition: A Politicai and Military Study of Its Establishment. Per il punto di vista non cattolico, vedere: Ph. Van Limborch, History of thè Inquisition; H. C. Lea, A History of thè Inquisition of thè Middle Ages, 3 volumi; A History of thè Inquisition of Spain, 4 volumi; The Inquisition in thè Spanish Dependencies; H. S. Turberville, Medieval Heresy and thè Inquisition (Londra: C. Lockwood and Son, 1920).

Per quel che riguarda le grandi conseguenze derivate dal rigetto della Bibbia e della religione biblica, vedere: H. von Sybel, History of thè French Revolution, libro 5, cap. 1, par. 3-7; H. T. Buckle, History of Civilization in England, cap. 8,12,14 (New York, 1895, voi. 1, pp. 364-366,369-371,437,540,541,550); Blackwood's Ma-gazine, voi. 34, n. 215 (Novembre 1833), p. 739; J. G. Lorimer, An Historical Sketch of thè Protestarli Church in France, cap. 8, par. 6, 7.

II Concilio di Tolosa, che fu convocato al tempo della crociata contro gli Albigesi, decretò: « Noi proibiamo ai laici di possedere copie del Vecchio e del Nuovo Testamento... Noi proibiamo loro, nella maniera più severa, di avere i libri sopraccitati nel vernacolo popolare ». « I capi dei distretti scoveranno gli eretici nelle loro abitazioni, nelle tane, nelle foreste; anche i loro rifugi sotterranei dovranno essere totalmente spazzati via » Condì. Tolosanum, Pope Gregory IX, Anno chr. 1229, canoni 14 e 2. « Questa peste (la Bibbia) si è talmente diffusa che alcuni si sono addirittura fatti i loro sacerdoti e anche degli evangelisti che hanno distorto e distrutto la verità del Vangelo e fatto dei nuovi vangeli come sostegno delle loro idee... (essi sanno che) la predicazione e la spiegazione della Bibbia è assolutamente vietata ai laici » Acts of Inquisitìon, Ph. Van Limborch, History of thè Inqui-sition, cap. 8. 11 Concilio di Tarragona (1234) decretò: « Nessuno può possedere i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento in lingua romanza. Se qualcuno li ha, dovrà consegnarli al vescovo locale entro otto giorni dalla promulgazione del presente decreto, perché siano dati alle fiamme ed egli, chierico o laico che sia, non venga considerato con sospetto fino a che ogni ombra non sia stata rimossa » D. Lortsch, Histoire de la Bible en Franca, 1910, p. 14. Al Concilio di Costanza (1415) Wycliff fu condannato, dopo la sua morte, da Arundel, arcivescovo di Canterbury, che lo definì: «spregevole sostenitore di quella dannata eresia, che ha inventato una nuova traduzione delle Scritture nella sua lingua materna ». L'opposizione alla Bibbia da parte della chiesa cattolica romana è proseguita attraverso i secoli ed è aumentata all'epoca della fondazione delle Società bi-bliche. L'8 dicembre 1866 papa Pio IX, nella sua enciclica Quanta cura, pubblicò un « sillabo » che sotto dieci titoli o capitolati elencava 80 errori. Sotto il titolo IV erano indicati: « Socialismo, comunismo, società segrete, società bibliche... Pesti di questo genere devono essere distrutte con ogni mezzo possibile ».

Per una breve ma attendibile introduzione alla storia della Rivoluzione francese, vedere L. Gershoy, The French Revolution (1932); L. Lefebvre, The Corning of thè French Revolution, (Princeton, 1947); H. von Sybel, History of French Revolution (1869), 4 volumi. Il Moniteur officiel era l'organo governativo, al tempo della Rivoluzione, fonte di informazioni che conteneva un resoconto delle delibere delle Assemblee e i testi integrali dei documenti, ecc. Esso è stato ristampato. Vedere anche A. Aulard, Christianity and thè French Revolution (Londra 1927) in cui la narrazione copre tutto il 1802. Si tratta di uno studio eccellente; W. H. Jervis, The Gallican Church and thè Revolution (Londra, 1882): un'opera molto accurata di un anglicano che manifesta una certa preferenza per il Cattolicesimo. Circa il rapporto fra stato e chiesa in Francia durante la Rivoluzione, vedere H. H. Walsh, The Concordate of 1801: a Study on Nationalism in Relation to Church and State (Londra, 1933); Ch. Ledre, L'Eglise de Trance sous la Revolution (Parigi, 1949). Alcuni studi contemporanei sul significato, religioso della Rivoluzione sono: G. Chais de Sourcesol, Le Livre des Manifeste! (Avignone, 1800), nel quale l'Autore cerca di stabilire le cause del sollevamento e del suo significato religioso, ecc.; J. Bicheno, The Signs of thè Times (Londra, 1794); J. Winthrop, A Systematìc Arrangement of Several Scripture Prophecies Relating to Anti-christ; With Their Application to thè Course of History (Boston, 1795); Lathrop, The Prophecy of Daniel Relating to thè Time of thè End (Springfield, Massa-chussets, 1811). Per la chiesa durante la Rivoluzione, vedere W. M. Sloan, The French Revolution and Religious Reform (1901); P. F. La Coree, Histoire Réligieuse de la Revolution (Parigi, 1909). Circa le relazioni col papato, vedere: G. Bourgin, La Trance et Rome de 1788-1797 (Parigi, 1808), basato su archivi segreti del Vaticano; A. Latreille, L'Eglise Catholique et la Revolution (Parigi, 1950), specialmente interessante su Pio VI e la crisi religiosa, 1775-1799). Per i protestanti durante la Rivoluzione, vedere Pressensé, The Reign of Terror (Cincinnati, 1869). . LE MASSE E LE CLASSI PRIVILEGIATE — Sulle condizioni sociali che prevalevano in Francia prima della Rivoluzione, vedere: H. von Holst, Lowell Lectures on thè French Revolution, lett. 1; Taine, Ancien Regime; A. Young, Travels in France. Nota 23. (p. 283). RETRIBUZIONE — Per ulteriori ragguagli circa il carattere retributivo della Rivoluzione francese, vedere Th. H. Gill, The Papal Drama, voi. 10; E. de Pressensé, The Church and thè French Revolution, voi. 3, cap. 1. Nota 24. (p. 284). . LE ATROCITÀ DEL REGNO DEL TERRORE — Vedere M. A. Thiers, History of thè French Revolution, voi. 3, pp. 42-44,62-74,106 (New York, 1890, trad. da F. Shoberl); F. A. Mignet, History of thè French Revolution, cap. 9, par. 1 (Boston, 1894); A. Alison, History of Europe, 1789-1815, voi. 1, cap. 14 (New York, 1872, voi. 1, pp. 293-312).

Nel 1804, secondo W. Canton, della Società Biblica Britannica e Forestiera, tenendo conto di ogni versione e di ogni paese, « tutte le Bibbie esistenti nel mondo, manoscritte o stampate, ascendevano a non più di quattro milioni di esemplari... Le varie lingue nelle quali queste Bibbie erano scritte, comprese quelle superate, come ad esempio la Moeso-Gotica di Ulfila e l'Anglo-Sassone di Beda, erano circa una cinquantina » What is thè Bible Society vers. riv. 1904, p. 23. La Società Biblica Americana e la Società Biblica Britannica e Forestiera fra il 1815 e il 1970 avevano distribuito fra Bibbie, Nuovi Testamenti e loro porzioni, oltre un miliardo e mezzo di esemplari. Ma il ritmo di diffusione è ulteriormente cresciuto. Ecco i dati più recenti: 1974 = 254.138.606 copie; 1975 = 303.467.307 copie. Alla fine del 1972 la Bibbia, completa o in porzioni, risultava stampata in circa 1.500 lìngue. . MISSIONI ESTERE — L'attività missionaria della chiesa dei primi secoli non ha trovato, poi, riscontro fino ai tempi moderni. Essa virtualmente cessò con l'anno 1000, sostituita dalle campagne militari delle crociate. L'era della Riforma vide poca iniziativa missionaria all'estero, salvo quella dei primi gesuiti. Il risveglio pietistico produsse alcuni missionari. L'opera della chiesa morava nel XVIII secolo fu notevole, e vi furono alcune società missionarie formate dagli inglesi per l'opera nell'America del Nord. Però il grande risorgere dell'attività missionaria estera comincia verso l'anno 1800, al « tempo della fine » Daniele 12: 4. Nel 1792 fu formata la Società Missionaria Battista che mandò W. Carey in India. Nel 1795 venne organizzata la Società Missionaria di Londra e un'altra seguì nel 1799; questa diventò, nel 1812, Società Missionaria della chiesa. Poco più tardi nacque la Società Missionaria Americana. Negli Stati Uniti il Comitato Missionario delle Missioni estere fu costituito nel 1812, e quello stesso anno mandò Adoniram Judson a Calcutta. Judson si stabilì in Birmania l'anno dopo. Nel 1814 nacque l'Unione Missionaria Battista Americana, e nel 1837 fu formato il Comitato Presbiteriano delle Missioni Estere. « Nel 1800... la stragrande maggioranza dei cristiani erano discendenti di coloro che erano stati condotti a Cristo prima del 1500... Nel XIX secolo ci fu una nuova espansione del Cristianesimo, ma non si penetrò per la prima volta in molti grandi paesi o continenti, come era invece accaduto nei tre secoli precedenti. Sarebbe stato impossibile, del resto, poiché in tutte le più grandi, popolose e civili nazioni del mondo — se si esclude l'Australia — il Cristianesimo era stato introdotto prima del 1800. Quello che ora si verificava era una nuova penetrazione in seno a regioni e a popoli già raggiunti, per attuare una diffusione del cristianesimo senza precedenti sia nelle vecchie che nelle nuove terre, e per compiere, così, nuove conquiste del Cristianesimo nella maggior parte di questi paesi, isole e tribù. . « Nel XIX secolo la diffusione del Cristianesimo fu dovuta principalmente a una rinnovata esplosione della vita religiosa, frutto di un vigoroso impulso cristiano. Mai, in nessun precedente corrispondente periodo di tempo, l'impulso cristiano aveva dato origine a tanti nuovi movimenti. Mai esso aveva avuto un così forte influsso sui popoli dell'Europa Occidentale. Fu grazie a questo grande vigore che sorsero le varie iniziative missionarie che durante il XIX secolo accrebbero la potenza e l'influsso del Cristianesimo » K. Scott Latourette, A History of thè Expansion of Christianity, voi. IV, The Great Century d.C. 1800-d. C. 1914 (New York: Harper and Brothers, 1941) pp. 2-4.

L'urto della Turchia musulmana con l'Europa dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453 fu severo come le catastrofiche conquiste dei saraceni musulmani durante il secolo e mezzo che seguì la morte di Maometto, nell'Impero romano di Oriente. Durante l'epoca della Riforma, la Turchia era stata una costante minaccia alle porte del mondo cristiano dell'Europa orientale, e gli scritti dei riformatori erano pieni di condanna per il potere ottomano. Da allora, gli scrittori cristiani si erano sempre preoccupati circa la parte che la Turchia avrebbe recitato nei futuri eventi del mondo, e i commentatori della profezia avevano visto nelle Scritture la predizione del potere turco e del suo declino. Per la profezia di Apocalisse capitolo 9, «ora, giorno, mese e anno», Josiah Litch indicò l'applicazione cronologica che consentiva di fissare l'agosto del 1840 come data della fine dell'indipendenza turca. Il punto di vista di Litch può essere conosciuto per esteso leggendo The Probability of thè Second Corning of Christ About A. D. 1843 (pubblicato nel giugno del 1938); An Address to thè, Clergy (pubblicato nella primavera del 1840; una seconda edizione, corredata di dati storici a sostegno dell'accuratezza dei precedenti calcoli del periodo profetico che si estendeva fino alla caduta dell'Impero ottomano, fu pubblicata nel 1841); un articolo in Signs of thè Times and Expositor of Prophecy, 1 Agosto, 1840. Vedere anche articolo sullo stesso giornale pubblicato il 1° febbraio del 1841; e J. N. Loughborough, The Great Advent Movement (ed. 1905), pp. 129-132. Il libro di U. Srnith, Thoughts on Daniel and thè Revelation, ed. riv. del 1944, discute il tempo profetico di questa profezia, alle pagine 506-517. Per la storia dell'Impero ottomano e il declino della potenza turca, vedere anche W. Miller, The Ottoman Empire and Its Successo™, 1801-1927 (Cambridge, University Press, 1936); G. G. S. L. Eversley, The Turkish Empire from 1288 to 1914 (Londra: T. Fisher Unwin Ltd., 2' ed., 1923); Joseph von Hammer-Purgstall, Geschichte des Osmannischen Reiches (Pesth: C. A. Hartleben, 2" ed., 1834-1836), 4 volumi; H. A. Gibbons, Foundation of thè Ottoman Empire, 1300-1403 (Oxford, University Press, 1916); A. J. Toynbee and Kenneth B. Kirkwood, Turkey (Londra, 1926).

Sull'atteggiamento della chiesa cattolica romana per la circolazione della Bibbia in versioni dialettali in seno ai laici, vedere The Catholic Encyclopedia, articolo «Bibbia»; G. P. Fisher, The Rejormatìon, cap. 15, par. 16 (1873, pp. 530-532); J. Cardinale Gibbons, The Faith of Our Fathers, cap. 8, pp. 98-117, ed. 1897; J. Dowling, History of Romanism, libro 7, cap. 2, sez. 14, e libro 9, cap. 3, sez. 24-27 (ediz. 1871, pp. 491-496,621-625); L. F. Biingener, History of thè Council of Treni, pp. 101-110 (ediz. Edimburgo, 1853, tradotto da D. D. Scoti); G. H. Putnam, Books and Their Makers During thè Middle Ages, voi. 1, p. 2, cap. 2, par. 49,54-56. Vedere anche W. Muir, The Arrested Reformation (Morgan and Scott, 1912), pp. 37-43; H. Grimm, The Reformation Era (Macmillan, 1954), p. 285; Index of Prohibited Books (Vatican Polyglot Press, 1930), pp. ix, x; T. Hurley, A Commentar? on thè Present Index Legislation (New York, Benziger Brothers, 1908), p. 71; Translation of thè Creai Encyclical Letters of Leo XIII (New York: Benziger Brothers, 1903) p. 413. Vedere anche p. 51 e nota 35. . LA BIBBIA PROIBITA — Nella chiesa primitiva si raccomandava molto ai laici di leggere la Bibbia. I padri della chiesa si dichiararono in maniera inequivocabile — come dimostrano i loro scritti — in favore della lettura e dello studio della Sacra Scrittura. Clemente di Roma raccomandava, intorno all'anno 100: « Leggete assiduamente le Sacre Scritture, le vere parole dello Spirito Santo». «Voi conoscete molto bene le Scritture; avete una buona conoscenza della Parola di Dio: conservatela in voi per poterla ricordare ». Policarpo (morto verso il 155), capo della chiesa di Smirne: « Ho la ferma certezza che voi siete ben fondati nella Sacra Scrittura ». Tertulliano di Cartagine (160-220): «Dio ci ha dato la Scrittura perché possiamo conoscere in modo più completo e profondo sia lui, sia la sua volontà». Clemente di Alessandria (150-215): « La Parola divina non è una luce segreta, essa è per tutti: affrettatevi dunque ad accettarla per la vostra salvezza ». Origene (185-254): «Volesse Iddio che tutti investigassimo le Scritture com'è scritto! ». « Stolti e ciechi sono coloro che non riconoscono come la lettura della Bibbia risvegli grandi e degni concetti ». « Ci auguriamo che tutti siano solleciti nell'ascellare la Parola di Dio non solo in chiesa ma anche nelle proprie case, e che giorno e notte pongano mente alla legge del Signore, poiché Cristo è vicino a chi lo cerca ». Attanasio il Grande (295-373): « Per la nostra salvezza abbiamo la Sacra Scrittura... Questo libro è la sorgente della salvezza, perché chi ha sete possa dissetarsi alle sue rivelazioni; infatti, solo in essa si trovano gli ammaestramenti per giungere alla vita eterna. Nessuno cerchi di aggiungervi o di togliervi qualcosa! ». Crisostomo (354-407) : « Voi credete che la lettura delle Sacre Scritture appartenga soltanto ai monaci, ma essa è più necessaria a voi che a loro, perché coloro che vivono nel mondo dove non mancano le lotte quotidiane, hanno maggiormente bisogno di salvezza. È perciò grave e dannoso credere che le Sacre Scritture siano inutili... questo è quanto insinua il Maligno. Ecco quello che dice l'apostolo Paolo: "Ogni Scrittura è... utile ad insegnare", e voi non volete nemmeno toccare l'È vangelo, quando esso viene porto alle vostre mani impure!... Perché disprezzate la Sacra Scrittura? Questo modo di pensare è del Diavolo, che vuole impedirci di guardare nel tesoro per trame un ricco beneficio». Geronimo (347-420): «Devi leggere con molta attenzione le Sacre Scritture; esse dovrebbero essere quasi sempre nelle tue mani ». Agostino (354-430): « Commetteremmo un grosso sbaglio se non volessimo leggere quanto è stato scritto per noi ». « Con l'aiuto di Dio e con tutte le vostre forze, fate in modo che nelle vostre case si legga con diligenza la Sacra Scrittura ». Gregario il Grande (verso il 600): « Che cos'è la Sacra Scrittura se non una lettera dell'onnipotente Iddio alle sue creature? Se un re terreno vi scrivesse, non avreste pace e non vi concedereste riposo prima di aver letto il suo scritto. Il Signore del cielo e della terra ha dato una lettera importante per la vostra vita, e voi non siete ansiosi di leggerla? ». . Nonostante queste testimonianze, la lettura della Sacra Scrittura nella lingua del paese fu proibita per molti secoli. Anche negli ultimi duecento anni alcuni papi si sono dichiarati in modo reciso contro la diffusione e la lettura della Bibbia. Gregorio XIV, nel 1844, in una Bolla agli ecclesiastici, incitava a strappare dalle mani dei credenti le Bibbie tradotte in lingua volgare! Una certa svolta si ebbe soltanto sotto Leone XIII. Fu permesso a tutti di leggere nel testo originale le edizioni approvate della Bibbia e le antiche traduzioni cattoliche. Le Bibbie non cattoliche — e questo è valido ancora oggi — si potevano usare solo per studi di ricerca, se nella prefazione e nelle note non era detto nulla contro gli articoli di fede cattolici. Ai cattolici era permesso leggere la Bibbia in lingua volgare, solo se essa aveva P« imprimatur » del papa, se era ratificata dal vescovo e correlata di annotazioni. Le traduzioni protestanti venivano accusate di falsificazione! Queste limitazioni sono durate praticamente fino al XX secolo. Nonostante tutti gli ostacoli e le contrarietà, si può osservare come nella chiesa cattolica, in questi ultimi decenni, vi sia un ritorno alla Bibbia. Nel 1933 fu fondato un Movimento Cattolico per la Bibbia; e Pio XII, nel 1943, nella sua enciclica « De divino afflante spiritu » si dichiarò favorevole ad esso. Scopo del Movimento è di diffondere la Bibbia e di promuoverne la comprensione. Anche dopo il Concilio Vaticano Secondo, l'apertura in favore della Bibbia ha continuato ad allargarsi. Sebbene nella chiesa cattolica la Bibbia non occupi lo stesso posto che ha nelle chiese della Riforma, tuttavia sono da apprezzare i tentativi compiuti dalla maggioranza dei Padri conciliari di dare un fondamento biblico ai testi del concilio. Addirittura alcuni di essi, come ad esempio il cardinale Léger, avevano richiesto nell'ultimo concilio di sottoporre in modo inequivocabile l'insegnamento dottrinale alla Parola di Dio. Le più grosse difficoltà sono sorte per la necessità da parte del Papa di non cambiare Pinterpretazione cattolica in vigore, secondo cui la Scrittura può essere spiegata e interpretata solo dalla Chiesa. Nella struttura del giuramento dichiarativo n. 25, deliberato dal Concilio Vaticano Secondo, è detto tra l'altro: « Perciò il clero, e particolarmente i sacerdoti di Cristo e gli altri che in qualità di diaconi, di insegnanti, si consacrano al servizio della Parola, devono occuparsi della Scrittura con continua lettura e studio approfondito affinchè nessuno di loro diventi un "vuoto e superficiale predicatore della Parola di Dio, senza esserne intimo uditore" (Agostino), dovendo essi comunicare ai fedeli loro affidati... gli incalcolabili tesori della Parola divina ». Oggi in genere si riconosce la necessità che clero e laici familiarizzino di più con la Bibbia. I congressi vescovili organizzano corsi biblici per sacerdoti e per tutti coloro che hanno il compito di predicare la Parola di Dio.

La storia che gli avventisti si erano fatti degli abiti da indossare per « incontrare il Signore nell'aria », fu inventata da quanti intendevano biasimare la predicazione avventista. Fu fatta circolare con tanta abilità che molti le credettero; però un'accurata indagine ne dimostrò la falsità. Per molti anni fu offerto un premio abbastanza consistente a chi avesse potuto dimostrare che la cosa era realmente accaduta; ma nessuna prova venne addotta. Coloro che amavano l'apparizione del Salvatore non ignoravano quanto insegnavano le Scritture; per cui nessuno riteneva che per quell'occasione fossero necessari simili abiti. L'unico vestito di cui i credenti avranno bisogno per andare incontro al Signore è la giustizia di Cristo. Vedere Isaia 61: 10; Apocalisse 19: 8. Per una piena confutazione di questa leggenda, vedere F. D. Nichel, Midnight Cry (Washington, D. C.: Rev. and Her. Publish. Assn, 1944); cap. 25-27, e Appendice H-J. Vedere anche LeRoy E. Froom, Prophetic Faith of Our Fathers, (ibidem, 1954), voi. 4, pp. 822-826.

II dott. G. Bush, professore di letteratura ebraica e orientale presso l'università della città di New York, in una lettera indirizzata a William Miller e pubblicata in Advent Herald and Signs of thè Times Reporter, Boston, 6 e 13 marzo 1844, fece alcune importanti considerazioni circa il calcolo dei tempi profetici. Egli scrisse: « Non si può obiettare a lei e ai suoi amici che abbiate dedicato molto tempo e molta attenzione allo studio della cronologia profetica e abbiate lavorato molto per stabilire le date iniziali e conclusive dei suoi grandi periodi. Se questi periodi sono stati effettivamente indicati dallo Spirito Santo nei libri profetici, è stato senza dubbio perché fossero studiati e probabilmente, poi, compresi pienamente. Nessuno può essere accusato di presuntuosa follia se cerca di farlo con uno spirito riverente... Prendendo un giorno come termine profetico per un anno, 10 credo che voi siate sorretti da una sana esegesi e sostenuti da nomi famosi come Meda, sir Isacco Newton, il vescovo Newton, Scott, Keith e moltissimi altri che sono giunti sostanzialmente alla vostra conclusione su questo argomento. Essi sono tutti concordi nell'ammettere che i periodi profetici indicati da Daniele e da Giovanni finiscono effettivamente in quest'epoca del mondo. Sarebbe una logica strana quella che vorrebbe convincervi di eresia, perché condividete le stesse idee di quegli insigni teologi... I vostri risultati in questo campo di indagine non mi sembrano tali da mettere in pericolo i grandi interessi della verità e del dovere cristiano... Il vostro sbaglio, come io temo, si trova piuttosto in un altro campo, non in quello della cronologia... Vi siete del tutto sbagliati sulla natura degli eventi che dovranno verificarsi alla fine di questi periodi. È questo 11 torto principale della vostra esposizione». Vedere anche LeRoy E. Froom, Prophetic Faith of Our Fathers, voi. 1, cap. 1,2 (Washington, D. C.: Review and Herald Publishing Assn. 1950).

Il termine « Giudizio investigativo » tradotto letteralmente dall'inglese, è conosciuto in giurisprudenza benché non molto comune. Si potrebbe anche parlare di « istruzione del giudizio », di « istruttoria », ma ci è parso che « giudizio investigativo » fosse comunque comprensibile ai lettori nel suo significato, che d'altra parte è spiegato nel contesto.

Apocalisse 14: 6, 7 predice la proclamazione del messaggio del primo angelo. Poi il profeta continua: « Poi un altro, un secondo angelo, seguì dicendo: Caduta, caduta è Babilonia... Un terzo angelo, tenne dietro a quelli ». La parola tradotta « seguì » vuoi dire « andare con », « seguire uno », « andare con lui ». Vedere H. G. Little and R. Scoti, Greek English Lexicon (Oxford: Clarendon Press, 1940), voi. 1, p. 52. Essa significa anche « accompagnare ». Vedere G. Abbott-Smith, A Manual Greek Lexicon on thè New Testament (Edimburgo: T. and T. Clark, 1950), p. 17. È la stessa parola usata in Marco 5: 24: « E Gesù andò con lui, e gran moltitudine l0 seguiva ». Lo stesso vocabolo è anche adoperato per i 144.000 redenti in Apocalisse 14: 4, dove si legge: « Essi son quelli che seguono l'Agnello dovunque vada». Nei due passi (Marco 5: 24 e Apocalisse 14: 4) è evidente l'idea di: « andare insieme », di essere « in compagnia di ». Così anche in 1 Corinzi 10: 4, dove si legge a proposito dei figli d'Israele: « beveano alla roccia spirituale che 11 seguiva ». Il vocabolo « seguiva » è tradotto dallo stesso vocabolo greco, che significa « andava con loro ». Da questo si può concludere che in Apocalisse 14: 8,9, l'idea non è semplicemente che il secondo e il terzo angelo seguivano « cronologicamente » il primo, ma piuttosto che si univano a lui, andavano insieme con lui. In sostanza, i tre messaggi sono un triplice messaggio. Sono tre solo quanto a ordine di nascita, ma una volta nati vanno insieme e sono inseparabili.

Per alcune delle più importanti circostanze che portarono i vescovi di Roma ad assumere la supremazia, vedere Roberto Francesco cardinale Bellarmino, Power of thè Popes in Temperai Affairs; Henry E. Cardinale Manning, The Temperai Power of thè Vicar of Jesus Christ (Londra: Burns and Lambert, 2" ed. 1862); James Cardinale Gibbons, Faith of Our Fathers (Baltimora: J. Murphy Co. 1917) cap. 5,9,10,12. Fra gli autori protestanti, vedere T. G. Jalland, The Church and thè Papacy (Londra: Society for Promoting Christian Knowledge 1944 a Bampton Lecture); R. F. Littlelade, Petrine Claims (Londra: Idem 1899). Per le fonti dei primi secoli sulla teoria pietrina, vedere James T. Shotwell, e Louise Ropes Loomis, The See of Peter (New York Columbia University Press, 1927). Per la falsa « Donazione di Costantino » vedere C. B. Coleman, The Treatise of Lorenzo Valla on thè Donation of Constantine (New York, 1914), che fornisce l'intero testo latino con traduzione, e una completa critica del documento e della sua tesi.

Fino ad anni relativamente recenti, la chiesa copta dell'Etiopia osservava il settimo giorno, il sabato. Gli etiopi, però, osservavano anche la domenica, primo giorno della settimana, e questo per l'intero periodo della loro storia come popolo cristiano. Questi due giorni (sabato e domenica) erano caratterizzati da funzioni speciali nella chiesa. L'osservanza del sabato finì virtualmente nell'Etiopia moderna. Per le testimonianze oculari sui giorni di carattere religioso in Etiopia, vedere Pero Gomes de Teixeira, The Discovery of Abyssinia by thè Portuguese in 1520 (tradotto in inglese a Londra; Museo Britannico, 1938), p. 79; Padre Francisco Alverez, Narrative of thè Portuguese Embassy to Abyssinia During thè Years 1520-1527, in thè Records of thè Hakluyt Society (Londra, 1881), voi. 64, pp. 22-49; M. Russel, Nubia and Abyssinia (cita Padre Lobo, missionario cattolico in Etiopia nel 1622) (New York: Harper and Brothers, 1837), pp. 226-229; S. Giacomo Baratti, Late Travels Into thè Remote Countries of Abyssinia (Londra: B. Bil-lingsley, 1670) pp. 134-137; Job Ludolphus, A New History of Ethiopia (Londra: S. Smith 1682), pp. 234-357; S. Gobat, Journal of Three Years' Residence in Abyssinia (New York, ed. 1850), pp. 55-58,83-98. Per altre opere sull'argomento, vedere P. Heylyn, History of thè Sabbath, 2" ed., 1936, voi. 2, pp. 198-200; A. P. Stanley, Lectures on thè History of thè Eastern Church (New York, Ch. Scribner's Sons, 1882), lettura 1, par. 1; C. F. Rey, Romance of thè Portuguese in Abyssinia (Londra: F. H e G. Witherley, 1929), pp. 59,253-297.

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