Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono uniti a Cristo Gesù.” Romani 8: 1
In questi giorni il mondo cristiano festeggia la Pasqua in ricordo della resurrezione di Cristo. Un evento centrale della fede cristiana che oltre a consolidare la speranza cristiana della resurrezione dei credenti, ricorda il grande prezzo della redenzione, la vita del Figlio di Dio, immolata per il perdono dei peccati.
Questa ultima considerazione mi invita a riflettere sul genere di cristiano che sono. Sono di quelli che censurano quelli che difettano? Se così fosse perché avviene?
Gli esperti suggeriscono che il senso di colpa nasce non solo da un giudizio negativo che rivolgiamo a noi stessi, in merito a delle mancanze che abbiamo rilevato, ma ancora dalle relazioni interpersonali che noi stabiliamo con gli altri, con la società, e dalle esigenze religiose che prevalgono.
Certe norme religiose sono ritenute legittime, altre no. In questo contesto, censurare chi non condivide la nostra convinzione religiosa non ha alcun fondamento se si tenta di far passare per delle norme divine delle convinzioni che noi abbiamo accettato.
Può accadere che più è blindata la religione alla quale apparteniamo, più sarà facile considerare le sue regole come la violazione di un principio divino, e di conseguenza censurare chi manca di osservarle.
Senza l’amore di Dio nel nostro cuore che fa della nostra religiosità un gesto di profonda convinzione e gratitudine per il perdono dei nostri peccati, si corre il rischio di censurare le persone che non vivono in accordo con le regole che noi abbiamo accettato.
Il Salvatore ha subito molti attacchi dai Sacerdoti e Farisei del suo tempo che difettavano in questo senso. Essi avevano posto delle regole e delle norme religiose molto elevate per paura di ricadere nella colpa; di conseguenza non vedevano in Cristo gli atti d’amore, ma un peccatore che sovvertiva l’ordine costituito.
Queste considerazioni ci conducono a mettere in luce il problema posto, poiché nel cristianesimo è possibile percepire quasi automaticamente le azioni malvagie della gente. La tentazione è di sedersi sulla sedia del giudice e di recitare il ruolo di Dio. Cristo ha cercato con passione e con forza di far capire questo grande problema ai capi del popolo, che trincerati nelle loro convinzioni indiscutibili, l’hanno respinto e alla fine condannato a morte.
E’ davvero singolare come questo atteggiamento di opposizione sfocia nella critica distruttiva. Essa nasce dalla scarsa umanità e dall’attitudine perfezionista senza fondamento che alcuni manifestano nei rapporti interpersonali, nella società e nelle comunità cristiane in genere. Si nota con profonda tristezza l’atteggiamento impaziente e di condanna da parte di chi censura coloro che si trovano in una situazione di sfavore sul piano morale e spirituale.
Giudizi, critiche e condanne costituiscono manifestazioni che respingono, e dovrebbero essere abbandonati e sostituiti da un fare che rifletta quello di Cristo.
Noi che camminano ogni giorno con Cristo desiderano attirare a lui coloro che si accostano alle cose di Dio. Affinché attraverso la nostra compassione giungano a conoscere l’amore di Dio, la sua legge d’amore e di vita, e il grande privilegio del perdono che riceviamo e che dovremmo offrire a nostra volta a coloro che ci fanno del male. Non sempre sarà facile, ma il tentativo sarà un segno che ciò è possibile.
Il Signore porti la sua pace nei nostri cuori oggi e sempre.